Gen. Pietro Ronchi
Pietro Ronchi è nato a Breno il 15 settembre 1864 da Anna Carrobio e da Luigi Ronchi farmacista e capitano della guardia nazionale. Il 5 ottobre 1882, compiuti gli studi liceali, era ammesso all’Accademia militare di Modena da cui usciva due anni dopo col grado di sottotenente destinato al 45° Reggimento Fanteria (solo col grado di tenente allora si poteva essere assegnati alla specialità alpini). Difatti, nel 1888, divenuto tenente, viene aggregato al Battaglione “Edolo” del 5° Reggimento. Nel 1896 prende parte, col IV Battaglione “Alpini” d’Africa alle operazioni per la rioccupazione dell’Eritrea. Rientrato in Italia nel 1898, col grado di capitano viene assegnato al 6° Reggimento Alpini.
Di nomina in nomina, il 23 maggio 1915, col grado di tenente colonnello è al comando del 3° Battaglione del 73° Reggimento Fanteria distinguendosi per atti di eroismo ( il 24 giugno 1915, in conseguenza di un attacco alle linee nemiche viene ferito, ma la sua azione gli meritò la Medaglia di Bronzo al V.M.) e spirito di iniziativa nelle diverse azioni belliche a cui prese parte, tra cui quella per la presa di Gorizia (10-12 ottobre 1916). A seguito di tale azione, gli fu riconosciuta la Medaglia d’Argento al V.M. con questa motivazione “Alla testa del suo Reggimento, in tutta l’azione per la conquista di Gorizia, dette mirabile prova di valore come soldato e come duce, fondendo, con la parola calda di entusiasmo e con l’esempio, l’animo di tremila soldati in un unico animo vibrante di alto patriottismo. In successiva azione, svolta in disagevole terreno, sulla linea di fuoco, in mezzo alle truppe, sempre calmo e sereno le incoraggiò alla pugna e le guidò all’assalto con indomabile slancio. Gorizia e Vertoiba 16-12 agosto / 10-12 ottobre 1916”.
Il 27 novembre 1916 viene promosso a Generale per meriti di guerra e destinato al comando della Brigata Calabria. Nel 1920, dopo aver ottenuto dal Governo francese due “Croix de guerre avec palmes” e il “Grand’ufficialato militare della Legion d’Onore” per gli eroici combattimenti sostenuti a fianco della 23ª Divisione francese durante la conquista del monte Cesen e il passaggio del Piave per incalzare il nemico in fuga, si ritirò a Breno ove si dedicò ad opere di pace a favore dei suoi convalligiani. Gli Alpini camuni in occasione del suo 70° compleanno, su una pergamena così gli scrivevano: “In oltre 50 anni di vita militare, sulle assolate terre d’Africa, sui cruenti campi delle Alpi e del Carso, conobbe la lotta e la vittoria, nelle fattive opere di pace, guidando e assistendo, amò andare tra il popolo e circondarsi del sorriso dei bimbi”. Morì a Varese il 30 aprile 1950, ma le sue spoglie riposano nel cimitero del suo paese natale.
Gli striscioni listati a lutto dei Combattenti lo accolsero con questa scritta: “È ritornato fra i suoi Fanti valorosamente caduti sul Podgora, a Gorizia, sul Colbricon, e fra i suoi Alpini, eroicamente immolatisi a Col del Rosso e sul Piave”.
Ottini Cav. Giuseppe Balbo
Nato a Breno il 25 luglio 1863 viene descritto dalle cronache dell’epoca come un forte e generoso figlio della Valle, appassionato della montagna e animato da uno spirito patriottico. Forse anche per questo scelse la vita militare e si arruolò nel Corpo degli Alpini nel quale raggiunse il grado di Maggiore. Durante la Guerra ’15-’18 gli fu assegnato il comando della Brigata di fanteria “Gaeta” distinguendosi per sprezzo del pericolo sul Sabotino, durante la battaglia di Gorizia. Ne sono testimonianza le molteplici decorazioni assegnategli, ma soprattutto la motivazione della medaglia d’Argento al V. M. che così recita: “Calmo, cosciente e ardimentoso ad un tempo, dette prova di singolare perizia nel condurre le truppe ai suoi ordini alla occupazione delle trincee nemiche di Vermigliano, alla conquista dell’Altipiano di Debeli-Vhr quale comandante avanguardie di colonna (10-12 agosto 1916) e conseguì successivamente nei giorni 14-15-16 settembre, per mirabile perizia e tenacia sua e valore del proprio reggimento, la conquista e l’affermazione delle posizioni nemiche di q. 144, nonostante le sanguinose perdite subite dai reparti dipendenti”. Vermigliano, Debeli Vhr, agosto-settembre 1916. Non è dato di conoscere il periodo in cui ricoprì l’incarico di Presidente della Sezione A.N.A. Camuna. Certamente lo era nel 1931, come risulta dal documento del 30 giugno di quest’anno riportato da L’Alpino.
Morì a Milano il 4 maggio 1939, ma le sue spoglie riposano nella tomba di famiglia del cimitero di Breno.
Giovan Battista Belotti
Belotti G. Battista è nato a Cemmo di Capodiponte il 22 maggio 1896. Qui frequenta la scuola elementare. Dopo il diploma di maestro conseguito nel Collegio di Romano di Lombardia, è nominato Segretario Comunale di Ponte di Legno per un anno. A 20 anni infatti viene chiamato alle armi e partecipa nel 1917, già col grado di capitano, alle operazioni di guerra sul Pasubio, guadagnandosi la prima Medaglia di bronzo al V.M.. Col grado di 1° Capitano comanda poi la sua Compagnia sull’Altipiano della Bainsizza sostenendo con coraggio e capacità di comando l’attacco nemico e guadagnandosi una seconda Medaglia di Bronzo al V.M. con la seguente motivazione: “Gravemente ferito dava esempio di stoica fermezza incitando ancora i propri Alpini a rimanere saldi sulle posizioni raggiunte”. Dopo la guerra svolse per 27 anni l’incarico di Segretario Comunale nel suo Comune, ricoprendo anche, dal 1960 al 1968, la carica di Sindaco. Morì il 23-10-1968.
Gen. Pietro Palazzi
Nato l’11 settembre del 1893 a Loveno, dove il padre era Ispettore delle miniere di ferro, Pietro Palazzi compì i suoi studi a Treviglio, ma subito dopo, a poco più di 20 anni, indossò la divisa militare e fin dagli inizi della 1ª Guerra mondiale lo troviamo in zona di operazioni. Dal 1915 al 1918 fu arruolato al 6° Reggimento Alpini con il grado di comandante di plotone e di Sezione Mitraglieri. Ferito per ben due volte, il 23 luglio 1916 e il 29 giugno 1917, durante i conflitti a fuoco sul Monte Ortigara, veniva insignito di Croce di Guerra prima e poi di Medaglia d’Argento al V. M. con questa motivazione “Comandante di Compagnia balzava contro il nemico in un furioso combattimento. Fatto segno di violento fuoco che scompaginava e falciava le file dei suoi soldati, con la parola e con l’esempio trascinava avanti i superstiti e rovesciatosi sull’avversario gli strappava un buon numero di prigionieri”. Monte Badenecche, 4 dicembre 1917
Dal 1919 al 1926 fu assegnato al 7° e al 9° Reggimento Alpini e gli fu affidato il comando della Compagnia Mitraglieri dei Battaglioni Pieve di Cadore e Vicenza. Ebbe poi il comando della 19ª Compagnia del Battaglione Dronero nel 2° Reggimento Alpini di cui negli anni successivi divenne Aiutante Maggiore.
Nel 1940 col grado di Ten. Colonnello assunse il comando del Battaglione Borgo S. Dalmazzo col quale operò prima sul Fronte Occidentale, meritandosi una seconda Croce di Guerra al V. M. durante i combattimenti del 22-25 luglio dello stesso anno, e poi sul fronte greco (gennaio aprile 1941) con assegnazione di una Medaglia di Bronzo al V.M. e in Russia.
Nel gennaio 1943, colpito da grave malattia, col treno ospedale rientrò in Italia, ma, a seguito dell’8 settembre fu catturato dai tedeschi e internato in Germania. Qui, trasferito in ben quattro campi di concentramento, trascorse due anni. Fu infatti liberato dai canadesi nel settembre del 1945. Fu promosso Colonnello per meriti di guerra e dal 1947, entrato nella Riserva, fu assegnatario di specifiche inchieste militari. La nomina a Generale di Brigata gli giunse nel 1952.
Morì a Breno nel 1967 e il cordoglio fu unanime; ne sono testimonianza le espressioni di cordoglio pronunciate dall’ex Cappellano capo don Franco Betta arciprete di Niardo e da don Guido Turla che, a nome dell’Associazione Alpini di Valle Camonica così rivolgeva l’estremo saluto all’amico Palazzi ricordando le tragiche vicende di Russia dove il “suo “Borgo”, attaccato di sorpresa dai Russi, ha dato dimostrazione di quale stile combattivo erano animati i tuoi alpini; il nemico fu ricacciato al di là del Don con gravi perdite.Sei stato esempio di attaccamento al dovere fino a una grave malattia che ti costringeva a dirigere le azioni inchiodato su una brandina da campo. Solo con la forza dell’autorità dei superiori hai abbandonato il tuo posto di comando”. E così don Guido continuava: “Davanti alle sue spoglie mortali raccogliamoci in preghiera e meditazione, per cogliere alcuni aspetti delle sue virtù cristiane, militari e umane capaci di suscitare ancora in noi sentimenti di ammirazione e di imitazione”. E con queste virtù ha guidato la Sezione A.N.A. di Valle Camonica dal 1946 al 1956.
Evangelista Laini
Aveva 90 anni il capitano degli Alpini Evangelista Laini quando “è andato avanti” e li aveva intensamente vissuti da protagonista nella sua comunità, sia pure con riservatezza e discrezione: operava e realizzava iniziative importanti per Breno e per la Valle senza primi piani, rimanendo fedele al principio del fare e non dell’apparire. Negli ultimi anni le sue condizioni di salute non gli consentivano apparizioni esterne, ma la sua presenza la si avvertiva comunque, nume tutelare della più ampia comunità, quella brenese che ben riconosce il ruolo da Evangelista Laini avuto nella crescita sociale, economica e produttiva del paese.
Fin dall’immediato secondo dopoguerra, nel 1947, entrava a far parte del Consiglio della Banca di Valle Camonica, di cui è poi stato Presidente dal’64 al ’93 e successivamente Presidente onorario. Come Ufficiale degli Alpini ha preso parte alle campagne di Albania e Grecia, dove riportò anche una ferita i cui effetti lo hanno accompagnato per tutta la vita. Ritornato a Breno dette vita alla Sezione A.N.A. di Valle Camonica, di cui rimase Presidente fino al 1970 e quindi fu acclamato Presidente onorario. È inoltre stato Presidente dei Lions e della Tipografia Camuna.
Al momento dell’ultimo saluto in tanti hanno voluto unirsi al dolore dei famigliari e testimoniargli stima e amicizia, condividendo per intero l’immagine di padre amorevolmente attento all’educazione dei figli, di amministratore rigoroso, di persona che sapeva ascoltare e dimostrare attenzione verso chi aveva bisogno, e, tra tanta gente, i suoi affezionati Alpini.