La fine della prima Guerra Mondiale vide tornare alle loro terre d’origine tanti militari che avevano combattuto sui vari fronti. Tra essi numerosi alpini, alcuni dei quali con i segni di ferite riportate o che ostentavano sul petto qualche segno del loro impegno in battaglia. In tutti l’orgoglio del dovere compiuto, ma anche la delusione di una vittoria mutilata e per una crisi, politica, economica e morale in cui il Paese si era venuto a trovare.
A Milano, come altrove, le Penne Nere reduci dai vari fronti cominciarono ad incontrarsi, a raccontare le esperienze vissute, a stringere amicizie ad impegnarsi per rendere durature queste possibilità di stare insieme.
Nascono così i primi convegni e le prime formali iniziative di costituzione di un’Associazione in cui trovino accoglienza reduci alpini, ufficiali e soldati. Ne sono promotori il colonnello Pizzagalli, segretario generale del Comune di Milano e il capitano Arturo Andreoletti, entrambi pluridecorati al valor militare. Dopo alcune riunioni organizzative tenutesi presso la sede milanese del Club Alpino Italiano, l’8 luglio 1919, nella sala dell’Associazione Capomastri in via Felice Cavalotti, viene approvato da un’Assemblea qualificata lo Statuto Sociale.
Nasce così l’Associazione Nazionale Alpini di cui il primo presidente fu il maggiore onorevole Daniele Crespi e vice il capitano Andreoletti; altri reduci costituirono il consiglio e tra questi due camuni; Filippo Carrù di Edolo e Giuseppe Pasinetti.
Nel gennaio 1920 l’Associazione assume come proprio giornale ufficiale “L’Alpino” che da alcuni mesi veniva pubblicato per iniziativa di tre subalterni, tra cui Italo Balbo.
Nello stesso anno viene indetta la prima Adunata Nazionale. Si tenne dal 5 al 7 settembre all’Ortigara e le cronache annotano che ottocento alpini assistettero alla s. messa celebrata da padre Bevilacqua. Quell’atto e quel gesto saranno i motivi che caratterizzeranno tutte le adunate successive, fino alla 79° anch’essa svoltasi su quei monti introno ad Asiago per ricordare il sacrificio di tante giovani vite offertesi alla Patria, per rinforzare i vincoli di amicizia tra alpini di ogni grado e per riconfermare lo spirito do solidarietà verso i più bisognosi.
La Valle Camonica, solcata in tutta la sua estensione dal fiume Oglio, si snoda per circa 100 chilometri fino al Passo del Tonale, che segna il confine col territorio trentino.
Comprende una popolazione di circa 90.000 abitanti suddivisa in 42 comuni, molti dei quali situati sul fondo valle ormai senza soluzione di continuità, altri lungo altrettanto pittoresche vallette laterali attraversate da profondo gole o mezza costa.
Ambiente tipicamente alpino quindi, anche nel modo di essere di chi vi abita; gente tenace, abituata al duro lavoro e al sacrificio, orgogliosa delle proprie tradizioni e della propria autonomia, sempre pronta alla solidarietà negli eventi calamitosi da cui spesso la popolazione è colpita.
Anche in questo ambito territoriale e sociale, dopo le tragiche vicende della Grande Guerra, cominciarono a costruirsi i primi gruppi di alpini, che, a loro volta, dettero vita alla Sezione Camuna dell’Associazione Nazionale Alpini (SCANA), della quale primo Presidente, nel settembre 1921, fu il Gen. Pietro Ronchi, a cui successe il Col. Balbo Ottini e poi, dopo il breve periodo di Giambattista Belotti (1942 – 1943) e gli anni della guerra, il Gen. Pietro Palazzi di Breno (1946 – 1956), comandante del Battaglione Borgo S. Dalmazzo durante la campagna di Russia e pluridecorato al Valor Militare.
Dopo la parentesi del secondo Conflitto Mondiale l’organizzazione della Sezione andò sempre più ampliandosi e nei vari Comuni, in parte modificatisi dopo il 1948 con la nascita della Repubblica Italiana, si costituirono o si consolidarono, per iniziativa dei reduci, i Gruppi, e le adesioni andarono sempre più aumentando.
Dagli archivi sezionali un primo dato delle forze in campo risale al 1963; forse anche per meglio testimoniare una appartenenza, ma anche un vivo desiderio di aggregazione, risultavano costituiti in Valle Camonica 52 gruppi cui aderivano oltre 3000 soci.
Con l’obiettivo di informare i soci delle varie attività della Sezione veniva pubblicato il periodico “Fiamme Verdi”.
Al Gen. Palazzi successe poi alla guida della Sezione fino al 1970 il Cap. Evangelista Laini che ebbe, tra gli altri; quale valido collaboratore l’Aiutante di Battaglia Vincenzo Santo De Paoli, scomparso nel 1982, e nell’ultimo triennio come vice presidente il giovane ufficiale degli alpini Gianni De Giuli.
Santo De Paoli è nato a Breno nel 1910 e, appena diciottenne di arruolò volontario come allievo Sottufficiale a Modena. Nel 1928 conseguiva il grado di Sergente e nel 1931 veniva promosso a Sergente Maggiore. Prende parte alla Guerra d’Africa (1936) in forza al Battaglione Feltre del 7° Reggimento Alpini; ferito in combattimento, gli viene conferita la Medaglia d’Argento al V.M.. Nel 1941 è volontario in Albania col Battaglione Cismon e viene promosso ad Aiutante di Battaglia per meriti di guerra. L’anno successivo si aggrega alla Brigata Julia in partenza per il fronte russo dove merita la Medaglia di Bronzo al V.M. Rientrato dopo la ritirata viene inviato a presidiare la zona di Gorizia. Viene collocato a riposo nel 1948.
Un’altra onorificenza Santo De Paoli la ottenne in tempo di pace nel 1934. Dopo il definitivo congedo assunse l’incarico di Presidente dell’Istituto del Nastro Azzurro della Valle Camonica; inoltre fondò la Sezione dell’AVIS di Valle Camonica.
Nella Sezione Alpini ha svolto l’incarico di Vice Segretario prima e poi di Segretario fin dal 1947 e fino al 1982, anno della sua scomparsa.